L'idea di progresso nella letteratura occidentale

Non sempre alla concezione di progresso si accompagna inevitabilmente un'idea positiva; anzi, questa resta in bilico tra due posizioni: l'ottimismo fiducioso nel progresso, e la paura che questo possa comportare un regresso etico. Scienza ed etica hanno costituito due opposti, nel senso che la prima, coniugata alla tecnica, sembra offrire un miglioramento delle condizioni di vita, mentre la seconda sottolinea il rischio da parte dell'uomo della perdita di valori autentici, in nome del progresso.
Tale conflitto ha forgiato il mito di un'età dell'oro e della sua decadenza, un archetipo mitico, destinato a divenire modello su cui altri autori si sono misurati.




Nel momento in cui sorge una tendenza all'indagine filosofico-scientifica, l'uomo fa scaturire da tale suggestione una riflessione di tipo logico e raziocinante, logica.

Democrito, nel V secolo a. C., riscatta l’idea di progresso, di cui viene rinsaldato il polo positivo: egli fa risalire la crescita a uno stato bestiale, che viene superato grazie ad abilità manuali.

Da questo spunto, Sofocle, nel primo stasimo della sua tragedia Antigone, costruisce un testo modernissimo sul rapporto tra l’uomo e la natura, sostenendo che l'uomo

possedendo, di là da ogni speranza,
l'inventiva dell'arte, che è saggezza,
talora verso il male, talora verso il bene muove.
(trad. Eva Cantarella).

E' quindi evidente l'ambiguità della condizione umana, che può elevarsi fino ad essere simile agli dèi, ma che, sempre utilizzando le stesse armi di arte e saggezza, può fare male fino ad annientare se stesso e gli altri. Nell'Atene contemporanea a Sofocle, era urgente discutere della crisi dei valori che i sofisti cercavano di sostenere; il tragediografo intende dunque non incriminare il progresso, ma sottolineare la sua profonda connessione con i principi morali e religiosi del tempo, perché le scelte dell'uomo determinano i destini della pòlis.

In epoca moderna, l'idea di progresso ha contato molti oppositori perfino in epoche in cui l'ottimismo della ragione aveva molto seguito. Leopardi segue la tesi di Schopenhauer, che sottolinea la caratteristica irrazionale della vita umana, indicando nell'ascesi l'unica strada per la salvezza; ne La Ginestra, critica le magnifiche sorti e progressive e, nello Zibaldone, sostiene che
“i progressi della ragione e lo spegnimento delle illusioni producono la barbarie” ( https://it.wikisource.org/wiki/Pagina:Zibaldone_di_pensieri_I.djvu/132 .
 
Apparentemente figlio del Positivismo, nel quale si forma la corrente del Naturalismo francese, a cui il Versimo si ispira, Verga è invece pervaso da una profonda sfiducia nei confronti del progresso, come appare evidente nella prefazione ai Malavoglia , il primo romanzo del progetto Ciclo dei Vinti http://www.softwareparadiso.it/studio/letteratura/Malavoglia/introduzione.htm ):
Il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e febbrile che segue l'umanità per raggiungere la conquista del progresso, è grandioso nel suo risultato, visto nell'insieme, da lontano.
 Per Verga, il progresso è una fiumana, che si fa strada con  una lotta di selezione, e reca con sé, inevitabili, le prevaricazioni sopportate dai deboli da parte dei più forti. Verga si propone di osservare da vicino lo scorrere del progresso, e quindi ne osserva  le vittime, rche diventano perciò protagonisti del ciclo.

Nel Decadentismo, con l'affermarsi delle teorie della relatività e della psicoanalisi, la fiducia degli intellettuali nel progresso si fa sempre più controversa e complessa. Pirandello e Svevo sono gli esponenti di tale posizione, e in particolare quest'ultimo sottolinea, nella pagina conclusiva ne La coscienza di Zenohttp://www.geocities.ws/scannapuerci/svevo.htm 
 l'inevitabilità di un progresso che tende a distruggere e disumanizzare l'uomo, condizionandone le scelte etiche in nome del profitto, tanto che ogni ordigno creato dall'uomo può trasformarsi in strumento della sua distruzione:
Ma l'occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c'è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa.

Da Esiodo ad Eschilo, fino a Svevo, molti autori mettono in guardia l'uomo sulle conseguenze di un uso indiscriminato e spregiudicato degli strumenti che sviluppano il progresso: la loro voce deve risuonare sempre dentro di noi.

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