Tale conflitto ha forgiato il mito di un'età dell'oro e della sua decadenza, un archetipo mitico, destinato a divenire modello su cui altri autori si sono misurati.
Nel momento in cui sorge una tendenza all'indagine filosofico-scientifica, l'uomo fa scaturire da tale suggestione una riflessione di tipo logico e raziocinante, logica.
Democrito, nel V secolo a. C., riscatta l’idea di progresso, di cui viene rinsaldato il polo positivo: egli fa risalire la crescita a uno stato bestiale, che viene superato grazie ad abilità manuali.
Da questo spunto, Sofocle, nel primo stasimo della sua tragedia Antigone, costruisce un testo modernissimo sul rapporto tra l’uomo e la natura, sostenendo che l'uomo
possedendo, di là da ogni speranza,
l'inventiva dell'arte, che è saggezza,
talora verso il male, talora verso il bene muove. (trad. Eva Cantarella).
E' quindi evidente l'ambiguità della condizione umana, che può elevarsi fino ad essere simile agli dèi, ma che, sempre utilizzando le stesse armi di arte e saggezza, può fare male fino ad annientare se stesso e gli altri. Nell'Atene contemporanea a Sofocle, era urgente discutere della crisi dei valori che i sofisti cercavano di sostenere; il tragediografo intende dunque non incriminare il progresso, ma sottolineare la sua profonda connessione con i principi morali e religiosi del tempo, perché le scelte dell'uomo determinano i destini della pòlis.
In epoca moderna, l'idea di progresso ha contato molti oppositori perfino in epoche in cui l'ottimismo della ragione aveva molto seguito. Leopardi segue la tesi di Schopenhauer, che sottolinea la caratteristica irrazionale della vita umana, indicando nell'ascesi l'unica strada per la salvezza; ne La Ginestra, critica le magnifiche sorti e progressive e, nello Zibaldone, sostiene che
“i progressi
della ragione e lo spegnimento delle illusioni producono la barbarie” ( https://it.wikisource.org/wiki/Pagina:Zibaldone_di_pensieri_I.djvu/132
.
Il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e febbrile che segue l'umanità per raggiungere la conquista del progresso, è grandioso nel suo risultato, visto nell'insieme, da lontano.
Per Verga, il progresso è una fiumana, che si fa strada con una lotta di selezione, e reca con sé, inevitabili, le prevaricazioni sopportate dai deboli da parte dei più forti. Verga si propone di osservare da vicino lo scorrere del progresso, e quindi ne osserva le vittime, rche diventano perciò protagonisti del ciclo.
Nel Decadentismo, con l'affermarsi delle teorie della relatività e della psicoanalisi, la fiducia degli intellettuali nel progresso si fa sempre più controversa e complessa. Pirandello e Svevo sono gli esponenti di tale posizione, e in particolare quest'ultimo sottolinea, nella pagina conclusiva ne La coscienza di Zeno, http://www.geocities.ws/scannapuerci/svevo.htm
l'inevitabilità di un progresso che tende a distruggere e disumanizzare l'uomo, condizionandone le scelte etiche in nome del profitto, tanto che ogni ordigno creato dall'uomo può trasformarsi in strumento della sua distruzione:
Ma l'occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c'è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa.
Da Esiodo ad Eschilo, fino a Svevo, molti autori mettono in guardia l'uomo sulle conseguenze di un uso indiscriminato e spregiudicato degli strumenti che sviluppano il progresso: la loro voce deve risuonare sempre dentro di noi.
Nessun commento:
Posta un commento